Ecco perché non #SiamoTuttiSallusti

Questo settembre verrà ricordato per due grandi eventi.

Il Fondo Salva Stati? No. Romney che propone i finestrini apribili in aereo? No. Per l’uscita del carissimo iPhone5 e per il caso Sallusti. Non ho bisogno di dirvi chi è Sallusti. Ma farò lo sforzo per i più distratti. E’ il direttore de “Il Giornale”, spesso e volentieri in tv a snocciolare opinioni, riconoscibile per i canini e per un’antica parentela col conte Dracula(il padre). Da tempo anche sulle riviste di gossip per la sua storia d’amore con Daniela Santanché, la ricorderete per le urla, per l’abbandono dei programmi di Santoro e perché un paio di volte mi ha fatto credere d’avere la tv rotta, mi appariva in qualsiasi canale. Hanno più volte terrorizzato l’Italia paventando una possibile gravidanza, finora scongiurata.

Su giornali si leggono pareri contrastanti, pro e contro Sallusti. Su twitter ha destato clamore l’hashtag #siamotuttiSallusti. Ma ne siete certi? Vi identificate davvero in lui?

Non intendo dirvi cosa è giusto o sbagliato, non ho questa presunzione, ognuno è libero di pensarla come vuole e probabilmente ci si riconosce pure nell’ingiustizia del “Prendersi le colpe di un altro”. Vi chiedo, ovviamente, di fare altrettanto.

Prima di andare avanti copio ed incollo una parte dell’articolo  di Antonio Castaldo da corriere.it

Per Dreyfus, pseudonimo che secondo alcune ipotesi celerebbe Renato Farina, «il magistrato ha ordinato un aborto coattivo», la madre e il padre (che in realtà era all’oscuro di tutto) avrebbero voluto «cancellare con bello shampoo di laicità» l’amore di una giovane madre per il bimbo. Mentre il medico avrebbe «estirpato il figlio e l’ha buttato via». Per poi concludere con un augurio: «Se ci fosse la pena di morte, se mai fosse applicabile, questo sarebbe il caso. Al padre, alla madre, al dottore e al giudice». Frasi che non sono piaciute al magistrato Giuseppe Cocilovo, che ha presentato una denuncia per diffamazione. Ne è seguita la condanna in primo e secondo grado, e il sigillo della Cassazione. Che, caso raro, non concede neppure la sospensione condizionale della pena.

Chi è Dreyfus? Per la storia è un militare francese accusato di tradimento e vittima di un errore giudiziario, da cui ne deriva il famoso Affaire Dreyfus. In Italia è lo pseudonimo usato dall’autore dell’articolo che è costato una condanna di 14 mesi a Sallusti. Rileggendo la storia adesso ha un che di paradossale. Usare il nome di una vittima della giustizia per creare un martire della giustizia, nostro malgrado.  Ma perché disturbare questi personaggi storici? Da chi usa un nome del genere non si aspettano gaffe simili, qualcosa come “Cip e Ciop”, “Hello Kitty” o “Solange” avrebbe creato meno aspettative e probabilmente il giudice non l’avrebbe preso sul serio. Si sarebbe potuto evitare tutto ciò con un nome meno pretenzioso.  Mi son detta: “Staranno scherzando, figurati se nel 2007(non sono matta, l’articolo risale ad allora) la gente si nasconde dietro un nome fasullo auspicando la pena di morte di 4 persone, magistrato compreso”. Dopo aver letto per la ventesima volta “Sallusti in carcere ma non è Farina del suo sacco” è sorto in me un insistente dubbio e siccome sono una gran ficcanaso ho consultato santo Google che mi svelato l’arcano. Ebbene sì, Dreyfus  è Renato Farina, parlamentare cicciottello che fino a quando non è stato sgamato è stato zitto zitto a vedere se mettevano o no i braccialetti d’acciaio a Sallusti. Il primo pensiero è stato: “Non posso credere che il Direttore di un giornale affidi un articolo ad un giornalista radiato dall’albo, ex spia e, cosa ben più grave, parlamentare PDL!”.   Che poi per me la cosa più sconvolgente è scoprire che uno con la faccia di Babbo Natale sbarbato possa far parte dei servizi segreti.Nome in codice: Betulla.Dissento fortemente,  Abete sarebbe stato decisamente più in tema col Santa Claus italiano.

Il problema è che: Santa Claus alias Farina scrive quelle care parole e si firma con un nome di fantasia. Il magistrato non la prende benissimo e querela il Direttore che con un’apparente aura di coraggio non farà mai il nome dell’autore.  A primo impatto non ho ben capito questo suo atteggiamento, poi ho fatto 2+2 ed ho ottenuto il seguente ragionamento.

Sallusti cerca di attirare l’attenzione del Vaticano. Non ci credete? Un uomo che intreccia una relazione con Daniela Santanchè, parla tutte le sere con Bruno Vespa e va in carcere al posto di Betulla vuole puntare alla beatificazione. Il carcere è propedeutico,  è l’ultima tappa per il martirio. Pensate cosa accadrebbe con Sallusti in carcere. Ci state provando? Vi aiuto io. La Santanché ospite ovunque, abbigliamento total black, veletta nera e possibilmente una foto del suo Alessandro in formato 90cmx60cm da portare nella pochette firmata Cavalli. Barbara D’Urso sfoggerebbe la sua faccia in modalità Pietà  per raccontarci la storia di Sallustino dall’età di 0 anni ai giorni nostri. “Chi” dedicherebbe un servizio di 572 pagine che ritraggono la coppia SS (detto così fa paura) al mare, a far la spesa ed in montagna prima del tragico evento. “Era una coppia felice, distrutta da una toga rossa!”. Ed ogni 26 settembre avremmo il Sallusti Day, gemellato con Halloween,  che prevede una visione collettiva di Porta a Porta da guardare con una maschera da pelato. E poi le fiaccole tenute accese da pagine de Il Giornale, collette per acquistare il lucido per la pelata di Sallusti e, soprattutto, migliaia di profili facebook e Twitter con la foto profilo del Direttore. E che dire del reale rischio di trovare “Le ricette di Daniela” sui periodici? Manicaretti che la parlamentare porta al suo amor galeotto:  Riso allo zafferano e lamette, cotoletta alla Sanvittoriese ,torta alla lima e mele in gabbia. E poi chi la sente Daniela che si lamenta delle rughe da stress? NO!

Io non ce la faccio. Ho chiamato la Procura di Milano, ho fatto presente il possibile scenario ed hanno deciso di non procedere oltre. Sallusti non finirà in carcere, pena sospesa.

Nella storia entra in scena con un ruolo chiave anche Vittorio Feltri che, a Porta a Porta, ha svelato il nome dell’autore. Infatti fino a quel momento soltanto gli addetti ai lavori erano a conoscenza della vera identità di Dreyfus. Lo ha definito “Un pezzo di merda”. Ma Vittorio, cosa mi dici mai? Quello è uno dei requisiti per fare il parlamentare PDL. Un po’ di originalità, forza!

Qui non si difende la libertà di stampa o di opinione. Semplicemente se domani scrivessi su Twitter “Pena di morte per Sbirulino” mi lincereste. E sarebbe giusto, perché prima di esternare un pensiero del genere avrei avuto tutto il tempo ed i motivi per non farlo.

Io non sono Sallusti. Non sono pelata, non mi piace la Santanché e non dirigo un giornale che non controlla gli articoli di un tizio sotto pseudonimo.

Poi, fate voi.

Pubblicato da itscetty

Da piccola volevo mettere il cappotto in estate, i risultati si vedono adesso. Scrivo cose più o meno serie per far ridere e incazzare, spesso contemporaneamente. Dico la mia in meno di 140 caratteri su Twitter e do i restanti in beneficienza all'unione italiana diselsisci. Leggo tanta attualità perché quando sarò vecchia voglio poter dire: "Mentre accadeva stavo twittandoci su". Inizio per caso nel dicembre 2011 per riempire il vuoto tra un capitolo e l'altro di una tesi di laurea. Non mi fermo più. Dissemino articoli sul web, i miei preferiti sono un e il. Continuerò finché mi diverte. O quando mi staccheranno l'adsl.

3 pensieri riguardo “Ecco perché non #SiamoTuttiSallusti

  1. E’ proprio vero, non siamo tutti sallusti. Si grida al fascismo perchè si mette in carcere un giornalista per avere espresso una opinione però non si dice che quella opinione era una palese falsità. Non so perchè , ma già vedo il caro nosferatu candidarsi ,al grido di ” magistratura brutta e cattiva”, alle prossime elezioni. Alla fine è sempre il solito spettacolino tutto italiano.

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